Se fosse l’insegnante a sedere sui banchi di scuola?

Un corso che insegni all’insegnante
Se ti chiedessi a bruciapelo quanti insegnanti di scuola o di università ricordi che ti hanno arricchito davvero qualcosa sul piano formativo, sono certo che mi risponderesti che sono stati pochissimi. Te nei sei chiesto il motivo? Ti prego di credere che non imputo alcuna responsabilità agli insegnanti per il risultato. Ciascuno di loro, ne sono certo, era padrone della propria materia e se la maggior parte non è stata in grado di trasmettere al meglio le sue conoscenze, la causa è da imputare al fatto che non esiste un corso che insegni a insegnare.

La responsabilità di chi insegna
No, per favore, non dirmi che il torto è della scuola che ha smarrito l’indirizzo di base, quello cioè di un percorso formativo di crescita che non si dimostra adeguato ai tempi che stiamo vivendo o dei ragazzi di oggi che sono svogliati, poco attenti, distratti dai mille stimoli offerti da una società tecnologica e fin troppo permissiva come l’attuale. Certamente la scuola italiana non conta da qualche tempo di guide illuminate che comprendono l’importanza capitale di un istituto scolastico adeguato che sia davvero una fucina di giovani preparati a divenire i cittadini di domani, ma, ammetterai, non è mio compito criticare e offrire rimedi che non siano palliativi di una situazione divenuta sclerotizzante in molti, troppi, campi della vita italiana.
Non è neppure vero che i ragazzi di oggi siano più svogliati di quelli di ieri. Convieni con me, amico o amica docente, che, se i nostri ragazzi sono svogliati, disattenti, distratti e, in qualche caso, diciamolo pure, terribilmente ignoranti, dobbiamo assumercene noi stessi la responsabilità. In un’aula scolastica come in una sala conferenze, se il pubblico si distrae e non segue, la responsabilità deve assumersela il relatore.
La dote principale di un buon comunicatore è la sua flessibilità. Se dovesse accorgersi che il pubblico non segue, è distratto e preferisce inviare sms dal proprio telefonino invece di ascoltarlo, deve cambiare la propria strategia di comportamento. È il comunicatore che deve adeguarsi all’aula, non il contrario.
Il ruolo dell’insegnante

Chi è l’insegnante? Qual è il suo ruolo? Se ritieni che il suo compito sia soltanto quello di trasmettere informazioni, nozioni, rudimenti di cultura inerenti alla particolare materia di cui è docente, sei fuori strada. L’insegnante è, prima di tutto, un educatore. Soprattutto nei primi anni di vita scolare, uno dei compiti primari dei maestri è garantire e guidare lo sviluppo della personalità del bambino.
Nella scuola di oggigiorno c’è un altro aspetto da considerare. In questi ultimi tempi le aule scolastiche, specialmente delle elementari e delle medie, hanno visto aumentato il numero di bambini e adolescenti appartenenti a differenti etnie. La scuola italiana è divenuta in breve tempo multietnica con un evidente aggravio delle difficoltà didattiche da parte degli insegnanti, in gran parte impreparati al confronto con culture diverse dalla propria. Oggi, ancora più di ieri, sono necessari maestri pedagogicamente preparati, in grado di comprendere le diversità culturali e di indirizzare i loro piccoli discenti alla coscienza, al dominio di sé e allo sviluppo delle capacità relazionali, comunicative e interpersonali, ma questo, in ultima analisi, è il vero scopo della pedagogia.
Anche formatore

L’insegnante è anche un formatore perché tra i suoi compiti c’è anche quello di accompagnare l’allievo nello sviluppo delle sue risorse personali fino a raggiungere la propria maturità. È chiaro che, da questo punto di vista, il docente deve essere in grado di far germogliare il seme del bisogno di apprendimento da parte dei propri studenti. Se prende coscienza che i suoi alunni sono svogliati, annoiati o, all’opposto, troppo vivaci durante le lezioni e non imparano nulla di ciò che insegna loro, è evidente che il torto non è degli alunni, ma di lui stesso che non è stato in grado di <<vendere>>la propria materia.
Qualunque senso di frustrazione o di disagio dell’insegnante deve essere lasciato fuori dall’aula. Il docente deve poter far leva sulle proprie credenze positive verso ciascuno dei propri studenti per non correre il rischio di cadere nella trappola delle facili etichette o, peggio, del pregiudizio nei confronti dello studente. Il docente deve essere, a sua volta, in grado di far leva sulle credenze potenzianti dello studente atte a consentirgli di credere nelle proprie risorse e ad alimentare il suo bisogno di autostima. In questo caso, anche gli errori nell’interrogazione o nel compito in classe, non devono essere considerati penalizzanti, ma opportunità di crescita. Il voto stesso deve essere valutato come un premio o un castigo del momento, non come un giudizio definitivo.
Le doti intuitive dello psicologo e…
L’insegnante deve avere le doti intuitive dello psicologo, perché tra i suoi scopi c’è anche quello di aiutare lo studente alla scoperta dei suoi talenti. Tra gli altri, non dimentichiamocene, la scuola ha il preciso compito di guidare i giovani nel loro percorso di crescita al fine di crearsi un avvenire, un’autorealizzazione personale. Il viaggio alla scoperta dei talenti è qualcosa che si può fare da soli, ma è troppo aleatorio, giacché è sempre possibile prendere cantonate. Certo l’aiuto può venire dai genitori, ma anche dai propri insegnanti. Sono convinto che più dei genitori, sempre troppo distati dagli interessi dei figli, sono il docente o il consiglio docenti a essere in grado di cogliere dai comportamenti scolastici e non dell’allievo l’emergere del talento personale che, sviluppato, potrà consentirgli, in futuro, di crearsi un’attività lavorativa e professionale soddisfacente e appagante.
…E quelle del motivatore…
L’insegnante è anche e soprattutto un motivatore, giacché deve saper trasmettere agli studenti la fiducia in sé stessi, in grado di alimentare il bisogno di autostima in ciascuno di loro. Deve saper trasmettere agli studenti i meccanismi alla base delle motivazioni. Motiv-azioni, in altre parole, i motivi che spingono all’azione e a porre in atto quei comportamenti idonei a raggiungere gli obiettivi prestabiliti. Lo studente deve essere messo nelle condizioni di prospettarsi obiettivi motivanti ed efficaci allo scopo di raggiungere la propria autorealizzazione. Deve essere guidato al riconoscimento chiaro e concreto di ciò che vuole.
Quali strategie si possono adottare e come superare certe credenze
Vediamo quali potrebbero essere le strategie dell’insegnante empatico idonee alla motivazioneper spingere lo studente a mettere in moto una serie di azioni atte a far emergere dentro di sé la percezione appagante della propria competenza in quella materia scolastica. Concedimi una breve digressione per parlare delle credenze che fanno parte del modello mentale: i convincimenti, ne siamo convinti tutti, scusa il gioco di parole, sono il motore della nostra esistenza. Noi stessi ne siamo il risultato diretto. Ciò che pensiamo, siamo.
Ciò che crediamo determina i nostri risultati: lo viviamo ogni giorno sulla nostra pelle. Se continuo a dirmi, “non ce la faccio”, “non ce la farò mai”, continuerò a consolidare il dubbio che presto si trasformerà in un riflesso condizionato nei confronti di qualunque impegno. Se il focus del tuo studente è perennemente concentrato sul “non ce la farò mai”, ciò vuol dire che il suo cervello a livello inconscio sta causando l’effetto del suo convincimento. Da dove prende origine quel focus? Dal suo modello di realtà. Per semplificazione tendiamo a conservare statici i modelli, ma questa non è la realtà.
Se il nostro studente ha ereditato nel suo modello quel convincimento depotenziante trasmessogli da qualcuno che per lui era una fonte autorevole, un genitore, un nonno, un fratello maggiore, ciò probabilmente non gli precluderebbe il successo nella vita, ma in ogni caso penserebbe che siano stati il caso o la fortuna ad agire in sua vece, mentre la sua credenza inconscia continuerebbe a essere quella dell’incapace, dell’inetto. Quel convincimento tanto limitante è un’informazione, un vero e proprio programma inserito nel suo sistema operativo.
Due i modi per reagire alle credenze
A questo punto, ci sono due modi per reagire a quella credenza: o ce la fai o la confermi in pieno, ma, di fatto, è sempre condizionante. E allora che cosa può fare l’insegnante empatico di fronte a credenze tanto limitanti? Agire sul sistema operativo dello studente, non sul programma che lo limita. Con gradualità è necessario condurre lo studente ad avere più fiducia nei suoi mezzi, a sollecitare la sua forza di volontà e, con i primi successi, a solleticare il suo senso di appagamento con la conseguenza di accrescere la sua autostima.
Colgo la tua obiezione se sei un insegnante scolastico: “Ho un programma da svolgere e da portare a termine, dove trovo il tempo di fare ciò che dici quando ho una classe di trenta studenti scalmanati. È già tanto che qualcuno di loro mi ascolti. Non ho tempo d’inventarmi strategie per con- vincere i più riottosi a fare lo sforzo di seguirmi”. Giusto e sbagliato nello stesso tempo. Giusto, perché hai ragione: è quasi impossibile seguire uno per uno gli studenti di una classe tanto numerosa. L’ideale sarebbe un’aula di non più di 15-20 alunni. Sbagliato, perché con la tua obiezione abdichi al tuo compito di educatore per diventare un mero istruttore che impartisce soltanto istruzioni.
Nei panni dello studente

Mettiti nei panni dello studente. Che cosa vedresti? Il più delle volte una figura frustrata seduta in cattedra che non mette impegno nel suo lavoro, che sembra sempre sull’orlo di una crisi isterica, che non riesce a far amare ciò che insegna. Di certo, è necessario un bell’esame di coscienza da parte dell’insegnante su quel che sono le sue credenze personali, facili a diventare, senza che se ne renda conto, etichette precostituite, veri pregiudizi. L’insegnante empatico lavora sulle proprie credenze e su quelle dello studente affidato alle sue cure.
Il suo sforzo didattico è teso a incoraggiare le pulsioni all’apprendimento dello studente, nel gratificarlo nel momento in cui dimostra interesse per la materia di studio, nel non tralasciare alcuna strategia che possa condurlo a lavorare sulle proprie motivazioni interiori, a guidarlo lungo la via tortuosa che conduce ad accrescere la sua autostima, valorizzando ogni singola tappa del percorso che lo avvicina all’autorealizzazione.
Insegnante e comunicatore
Infine, l’insegnante empatico è anche un comunicatore, perché al pari di un buon venditore deve essere in grado di persuadere lo studente ad acquistare la sua merce, nella fattispecie la materia di studio. Come può l’insegnante rendere coinvolgente la sua tecnica didattica tanto da farsi apprezzare dai ragazzi? Credo che praticitàe creativitàsiano due aspetti importanti per coniugare il contenuto e la forma di ogni materia d’insegnamento. Conoscere il mondo, i valori, gli interessi dei ragazzi di oggi significa saper adattare i propri contenuti culturali al desiderio di praticità del giovane che si chiede: a che mi serve sapere questo? Quale vantaggio ne posso trarre? E, di conseguenza, rendere questi stessi contenuti stimolanti, perché, in fondo, ciò che impara può tradursi in qualcosa di utile e nella via più breve per raggiungere l’autorealizzazione.
Un breve riepilogo quasi un mini decalogo
In conclusione, non è facile essere naturali dinanzi a un pubblico, figuriamoci di fronte a una classe di studenti che in maggioranza vorrebbe essere da tutt’altra parte. Qualunque discorso si faccia in aula, c’è qualcosa che va oltre le mere parole: il tono con il quale sono pronunciate. Ricorda: non è tanto e soltanto quel che dici, ma come lo dici. Conversa con i tuoi studenti. Non fare cadere dall’alto la tua lezione. Scendi dalla cattedra e mettiti in mezzo a loro.
Ciascuno dei tuoi studenti deve sentire che il tuo messaggio, qualunque argomento della tua materia gli stai prospettando, proviene diritto dalla tua mente e dal tuo cuore per trasmettersi alla mente e al cuore di chi ascolta. In fondo, se ci pensi bene, se vuoi l’attenzione dei tuoi studenti, bambini, adolescenti, giovani che siano, sono sufficienti passione, sincerità, entusiasmo. Se ci metti il cuore, nessuno ti negherà la sua attenzione. Non è ciò che desideri?

Giornalista – Direttore Responsabile Globe Today’s
