Globe Today’s

Notizie quotidiane internazionali

Viaggio nella memoria delle vacanze estive. La villeggiatura

La Desertificazione Emotiva parte seconda

Scrive di villeggiatura in questo articolo, ma non  sapevamo che  la penna dello scrittore Antonio Biggio, avesse intenzione di continuare un percorso scavando nella memoria degli italiani, tale da sottolineare  l’impoverimento dei rapporti umani e il crescente isolamento individuale dei giorni che stiamo vivendo, come ha evidenziato già nel suo precedente pensiero La Desertificazione Emotiva. Ecco perché proseguiamo con la seconda parte.

la villeggiatura. al mare
tutti al mare

Le vacanze estive in Italia. la villeggiatura

Un tempo, le vacanze estive in Italia duravano dai due ai tre mesi. Questo lungo periodo di riposo e svago aveva un nome ormai dimenticato: “la villeggiatura”. La villeggiatura evocava immagini di giornate interminabili, spiagge affollate e una sensazione di libertà che oggi sembra solo un ricordo. Le famiglie iniziavano le loro vacanze a metà giugno o ai primi di luglio e rientravano nella prima decade di settembre, intasando le autostrade con le Fiat 850, 600, 1100, 127, 500 e 128, Maggiolino e Prinz. All’epoca, non importava chi possedeva una BMW, una Mercedes o una Volvo, perché gli status symbol non avevano lo stesso peso che hanno oggi.

La cultura della villeggiatura è un fenomeno tutto italiano e affonda le proprie radici addirittura nell’antica Roma, ed è stata anche d’ispirazione per alcune opere letterarie. Una tra tutte quella di Carlo Goldoni, La Trilogia della Villeggiatura (1761), delle commedie satiriche che raccontano i retroscena di famiglie benestanti del nord che decidono di cimentarsi in un soggiorno in campagna.

Gli anni d’oro

Ma tornando agli anni d’oro, dal 1960 al 1990, era tutto più semplice e genuino. Le vacanze duravano così tanto che, al ritorno, i bambini non vedevano l’ora di tornare a scuola per rivedere i loro amici del quartiere, tanto che spesso non ricordavano nemmeno dove abitavano. Le mattine in spiaggia erano scandite dal suono delle canzoni dell’estate suonate dal jukebox, per le quali bastavano solo cento lire. Con quella stessa monetina si poteva anche comprare una Coca-Cola o con poco di più un pallone, i giorni scorrevano tra giochi e risate, e non mancava un bel tuffo tra le acque più o meno limpide a seconda del luogo scelto, nonostante le grida delle mamme e delle nonne che intimavano ai propri figli e nipoti di aspettare almeno 3 ore da dopo mangiato per poter fare il bagno.

Il venerdì, gli uffici chiudevano e i papà raggiungevano le loro famiglie per trascorrere il fine settimana insieme. Era un rito settimanale che rendeva ogni weekend speciale. Durante le vacanze si mandavano cartoline che spesso arrivavano a ottobre, ma erano un modo per augurare “Buone vacanze da…” ad amici e parenti. Nonostante le ferie estive durassero oltre 90 giorni, l’Italia era la terza potenza mondiale e la società era impregnata di valori, e il mare era pulito.

La felicità era diffusa

La felicità era diffusa, si giocava insieme e si era tutti uguali. Dove mangiavano in quattro, mangiavano anche in cinque, sei o più. Si dedicava poco tempo agli esigui compiti per le vacanze e l’unico problema era non bucare il pallone, rompere la bicicletta, o non farsi male alle ginocchia giocando a calcio. Se succedeva, al ritorno a casa, oltre al dolore, arrivava anche una ramanzina dai genitori. Il tempo era bello fino a fine agosto; poi arrivavano i primi temporali e le serate diventavano più fresche, richiedendo un maglioncino.

A settembre, tutto tornava alla normalità. Si ritornava a scuola e la vita riprendeva il suo corso. L’Italia cresceva e il primo tema in classe era sempre “Parla delle tue vacanze”. Siamo stati fortunati a vivere così. La vita era vera, insomma.

Rievocare i giorni della villeggiatura è come aprire una finestra su un passato fatto di semplicità e autenticità. Le immagini delle vecchie utilitarie cariche di bagagli, delle spiagge affollate di bambini e adulti, delle sere d’estate trascorse a giocare a carte o a ballare sotto le stelle, risuonano con una nostalgia dolce e struggente. Quei giorni sembravano infiniti, e ogni mattina portava con sé la promessa di nuove avventure.

Il rituale della villeggiatura

La villeggiatura era un rituale, un appuntamento fisso che scandiva il ritmo dell’anno. Ogni famiglia aveva le sue abitudini, i suoi luoghi preferiti, le sue tradizioni. Chi andava al mare, chi preferiva la montagna, chi si rifugiava in campagna per ritrovare le radici contadine. E ovunque si andasse, il senso di comunità e di appartenenza era palpabile. Gli amici di villeggiatura diventavano compagni di giochi, confidenti e alleati nelle piccole sfide quotidiane.

la villeggiatura. mare o montagna
Mare o montagna ma sempre villeggiatura

In spiaggia, il jukebox suonava le canzoni dell’estate, creando la colonna sonora delle giornate di sole. Con 50 lire si poteva scegliere la propria canzone preferita, ballare sulla sabbia o semplicemente ascoltare le note che si mescolavano al rumore delle onde. Ogni canzone evocava un’emozione, un ricordo, un frammento di felicità che si fissava nella memoria.

Oggi ognuno ascolta la propria musica dagli airpods, isolandosi dal mondo con la funzione di cancellazione rumore.

E quando, a ottobre, quelle cartoline scritte approfittando delle giornate uggiose di fine estate arrivavano, erano un ricordo tangibile di un’estate che sembrava già lontana, come i nostri amici e compagni di villeggiatura e gli amori che si dissolvevano nelle nebbie autunnali, complice una distanza incolmabile.

Ma non era solo spensieratezza. Era anche un momento di crescita, di scoperta, di apprendimento. Imparare a nuotare, a giocare a pallone, a pedalare senza cadere, erano tutte conquiste che rafforzavano l’autostima e la fiducia in sé stessi. E quando si tornava a casa con le ginocchia sbucciate e i capelli scoloriti dal sole, si portava con sé un bagaglio di esperienze che arricchiva l’animo e preparava per le sfide future.

Il contrasto con il presente

Oggi, il concetto di vacanza è profondamente cambiato. Le ferie durano talmente poco che al ritorno non sai nemmeno se sei partito o se l’hai solo sognato. E se non vai ai Caraibi, a Sharm o a Ibiza, sembri uno sfigato. La pressione sociale per vivere vacanze esotiche e lussuose ha sostituito il piacere della villeggiatura, creando nuove forme di stress.

Spesso, hai così tante cose da fare che preferisci non partire proprio, per evitare di stressarti ulteriormente. Un tempo, eravamo tutti più semplici, meno viziati e più felici. La società era migliore, c’era amore, famiglia, rispetto e solidarietà. Partire per luoghi esotici è diventato quasi un obbligo sociale, una dimostrazione di successo e di benessere economico. Ma questa corsa alla vacanza perfetta ha portato con sé nuove forme di stress e insoddisfazione.

Le vacanze brevi e intense, spesso vissute con l’ansia di dover vedere e fare tutto, lasciano poco spazio alla vera rigenerazione. Tornare a casa dopo una settimana trascorsa a rincorrere itinerari e attrazioni, spesso lascia un senso di vuoto e di stanchezza. Il ricordo della vacanza si confonde con la sensazione di non aver avuto davvero il tempo di rilassarsi e di godere del momento.

Eppure, nonostante il cambiamento dei tempi, il desiderio di ritrovare quella semplicità e autenticità è ancora vivo. Molti cercano di riscoprire la bellezza delle vacanze vicino a casa, di riscoprire le tradizioni e i luoghi della propria infanzia. I campeggi, i piccoli borghi, le spiagge meno affollate stanno tornando di moda, proprio perché offrono quell’esperienza di villeggiatura che molti ricordano con affetto.

La Desertificazione Emotiva: Parte seconda

Riassunto della puntata precedente: La desertificazione emotiva è un fenomeno che si manifesta nella società moderna, caratterizzata da un impoverimento dei rapporti umani e da un crescente isolamento individuale. La frenesia della vita quotidiana, l’ossessione per il successo e il consumismo sfrenato hanno contribuito a creare un vuoto emotivo che difficilmente può essere colmato.

Le vacanze esotiche e le esperienze di lusso, sebbene possano offrire un temporaneo sollievo, spesso non riescono a soddisfare il bisogno profondo di connessione umana e di autenticità. La villeggiatura, con la sua semplicità e il suo senso di comunità che si rinnovava di anno in anno al ritmo di “Stessa spiaggia, stesso mare” del mai dimenticato Piero Focaccia, rappresentava una risposta a questo bisogno, offrendo un’occasione per riscoprire i legami familiari e sociali, per vivere esperienze genuine e per rigenerarsi nel corpo e nello spirito.

Oggi, la desertificazione emotiva si manifesta in vari modi: l’incapacità di creare e mantenere relazioni significative, la difficoltà a trovare gioia nelle piccole cose, l’isolamento sociale e la crescente dipendenza dalla tecnologia per sentirsi connessi. Questa condizione porta a una sensazione di vuoto e di insoddisfazione, che spesso si cerca di colmare con il consumismo e con esperienze superficiali.

Riscoprire la villeggiatura come antidoto

Riscoprire i valori e le pratiche della villeggiatura può essere un antidoto alla desertificazione emotiva. Tornare a vivere vacanze semplici, a riscoprire il piacere della condivisione e della convivialità, può aiutare a ritrovare un senso di equilibrio e di benessere. Organizzare lunghe vacanze in famiglia, dedicare tempo al gioco e alla natura, sono tutti modi per riconnettersi con sé stessi e con gli altri.

La villeggiatura ci insegna che la vera felicità non si trova nei luoghi esotici o nelle esperienze costose, ma nella capacità di apprezzare le piccole cose, di vivere il momento presente e di creare ricordi significativi con le persone care. Tornare a quella semplicità può sembrare un’utopia in un mondo sempre più complesso e frenetico, ma è un obiettivo raggiungibile se lo desideriamo davvero.

La valigia sul letto è quella del primo viaggio

Abbiamo fatto un viaggio nel tempo, riscoprendo un pezzo di storia personale e collettiva che ha contribuito a formare l’identità di intere generazioni. Quei lunghi mesi estivi trascorsi tra giochi, mare e risate, rappresentano un patrimonio di valori e di esperienze che può ancora insegnarci molto.

La nostalgia per quei tempi non deve essere vista come una fuga dal presente, ma come un richiamo a ritrovare quelle radici di semplicità che possono arricchire la nostra vita quotidiana. Ricordiamo sempre che la felicità è fatta di piccoli momenti condivisi, di gesti semplici e di un tempo vissuto con serenità e gratitudine.

Oggi, più che mai, abbiamo bisogno di riscoprire quei valori, di rallentare il ritmo e di concederci il lusso di una vacanza vera, che ci rigeneri nel corpo e nello spirito. La villeggiatura non è solo un ricordo del passato, ma un modello di vita che può ancora ispirarci e guidarci verso un futuro più autentico.

Verificato da MonsterInsights